Gigliese - Processo di sculacciabuchi

Processo di Sculacciabuchi

Causa penale contro il reverendissimo prete Don Sculacciabuchi di San Rocco, imputato di aver rinculato in un boschetto un bimbo della sua parrocchia che colà si recava per viole.

 

 

 

L'opera sembra essere stata composta, alla fine dell'ottocento, da certo Giovanni Rosati di Firenze, studente all'Università di Bologna e che sarebbe poi diventato ministro di Grazia e Giustizia del Regno d'Italia.

Il successo dell'opera, degna rappresentante della poesia goliardica, nella tradizione dei Carmina Burana, si deve all'ottima qualità dei versi che riescono a narrare la vicenda con fluidità e senza forzature, sciogliendo con naturalezza il problema dell'uso del linguaggio scabroso. L'autore, evidentemente, era stato un attento lettore di poeti come il Casti o il Batacchi.

Il testo era destinato ad essere rappresentato e, in effetti, ciò è avvenuto ed avviene tutt'ora. Fra le varie versioni esistenti, ho scelto quella riveduta dagli studenti universitari di Siena.

 

Usciere:

 

Il Tribunale!

Cancelliere:

Mi permetto di chiedere umilmente,

data la serietà della vertenza,

se permette l'egregio Presidente

di leggere il verbale dell'udienza.

 

Presidente:

La cosa è troppo giusta e naturale:

Cancelliere ci legga il suo verbale.

 

Cancelliere:

L'anno milleottocentoottantasei

addì trentuno di quel tale mese

che i ciuchi vanno in culo e portan sei,

l'egregio Tribunale babilonese,

con l'avvocato Buchi in presidenza,

messa una mano al cul apre l'udienza.

 

Si discute la causa penale

contro Sculacciabuchi da San Rocco,

accusato d'aver con magistrale

arte attirato un giovanetto sciocco

e avergli messo in culo dieci dita

di grossa fava lucida e forbita.

 

Quindi, opportunamente interrogato

sopra l'atto d'accusa, il Presidente

chiede innanzitutto all'imputato

il nome di suo padre e se si sente

l'enorme fava un poco indolenzita

per aver fatto in culo quella gita.

 

Sculacciabuchi fa le sue querele

per l'infamante accusa e poi confessa

di averlo stropicciato tra le mele

del giovanetto prima di dir messa;

manca all'appello un testimone solo,

il medico dichiara che ha lo scolo.

 

La prima testimone Spazzacazzi

depone che passando in un giardino.

dove di giorno giocano i ragazzi,

vide tra l'erba un uomo che supino

stringeva fra le mani come un pazzo

quel coso che le donne chiaman cazzo.

 

Narra qui con un giro di parole

che la fava veduta era sì grossa

da sembrare un immenso girasole.

La teste è conturbata ed è commossa

e confessa all'egregio Tribunale

che corse a casa e fecesi un ditale.

 

Secondo testimone Ezio Pompini

figlio di Gaudenzio da Poppiana

e di Carola vedova Casini,

di professione celebre puttana,

vien chiamato in udienza e con far lento

depone, sulla fava, giuramento.

 

Dichiara quindi questo testimone

che il giorno detto, quasi all'ora sei,

mentre stava facendosi un segone

nei pressi del giardino degli Ebrei,

scorgeva fra le piante di un boschetto

un culo, un cazzo, un prete ed un berretto.

 

Data però la miopia evidente,

il teste non sa dire di chi fosse

il culo ed il cazzo, e dice che ha presente

soltanto i movimenti e quelle mosse

che sono naturali a un delinquente

che commette un delitto ove c'è gente.

 

Il terzo testimone Pappagrilletti

di Mansueto nato a Senafé,

che va spesso a cacare nei boschetti,

giura sull'onor suo, sulla sua fé,

che il lamento che udì quella serata

era d'un uom che ponza una cacata.

 

Presidente:

 

Vada pur. Ci son più testimoni?

Cancelliere:

 

Nessuno più, o illustre Presidente.

Presidente:

Meno mal. Già ne ho pieni i coglioni

di questa gente che non ne sa niente.

Per avere un criterio più compito

udrem la relazione del perito.

 

Perito:

Io cito a questo egregio tribunale

quanto risulta da severa inchiesta

ch'io feci già nell'orifizio anale

del giovinetto Adone Succhiacresta;

e sul cazzo robusto e prepotente

dello Sculacciabuchi don Clemente.

 

Comincio col citare i connotati
relativi, può dirsi, al ero attore
e già da un testimone confermati
in presenza del iudice Istruttore.
Misura della fava ll'accusato:
superficie un ecimetro quadrato.

 

Volume in metri cubi addirittura.
Perimetro entimetri diciotto,
e dalle palle sino lla costura
è lungo ben entimetri ventotto.
Segno particolare, ll'occasione,
è il grosso neo ch'è n cima al cornicione.

 

Presidente:

Son giuste e sagge queste osservazioni.
Vediamo un po': l'egregio reverendo
ha avuto scolo, o alcune ulcerazioni?

Imputato:

 

Ma no .................

Presidente:

 

Creda, me ne intendo ............

Avvocato difesa:

Se ne intende? Non certo di sua scienza,

ché non fu buono a farne l'esperienza.

 

Presidente:

Ma cosa dice questo farfallotto?
Da giovane ho chiavato come un mulo;
certo, ora che sono un po' .......

Avvocato difesa:

 

Oh, lo sappiamo; ora lo piglia in culo.

Presidente:

 

Basta così e parli ora il Perito.

Perito:

Ecco, Signor, posson toccar col dito

Quanto accertai nell'ano strapazzato
della parte che ben suol dirsi lesa.
Con tale violenza fu sfondato
che lo stomaco ormai non ha difesa
nei giravolti che fa l'intestino,
che pare moltosimile a un catino.


È un condotto slabbrato che dall'ano
va diritto all'insù fino al palato,
di cui si scorge il grosso melograno
occhieggiando dal culo frantumato.
Darebbe, direi quasi, l'impressione
di guardar nel traforo del Sempione.

 

Presidente:

Elogiando le esatte osservazioni

del più dotto dei nostri specialisti

passiamo ad ascoltare le concioni

che faranno gli illustri penalisti

che difendono l'una e l'altra parte

con gran preparazione e vera arte.

 

Terminata così l'audizione

dei testimoni tutti, il Presidente

da la parola al Minister Caprone

pregando di far presto ch'è impaziente

di andare con Primetta sulle mura

a farsi una chiavetta di premura.

 

Il Minister, con un parlar forbito,

tutela le ragioni del diritto,

solamente si trova impensierito

sulla pena da dare, sta un po' zitto

poi chiede al tribunale che all'imputato

sia applicata la legge "Fraculato".

 

L'udienza viene rimessa alla mattina;

l'imputato ritorna in carbonaia,

il Presidente va di Primettina,

il Cancelliere dalla lavandaia,

il Giudice ed il Regio Ministero

vanno a farsi una sega in Battistero

 

 

UDIENZA SECONDA

 

Parte civile:

 

Domando la parola.

Presidente:

 

Parli pure.

Parte civile:

La famiglia del bimbo rinculato,

ritenendosi offesa nell'onore,

non intende ragioni, Dio Sagrato!

E vuole un indennizzo dal priore;

pretende, quindi, che le sia pagata

mille lire ogni crespa rovinata.

 

Presidente:

Come se non bastasse il buggerìo

che s'è già fatto intorno alla questione

e degli altri avvocati il lavorìo

mancava la civil costituzione.

Parli quindi, si sbrighi e badi all'ano

che l'imputato non le sta lontano.

 

Parte civile:

Fin qui le risultanze del processo

ci portano ad una sola conclusione

la sala ove noi siamo non è che un cesso

ove viene a deporre ogni coglione.

 

Presidente:

 

Avvocato, non faccia il puritano!

 

Parte civile:

 

Se crede parlo con la fava in mano.

Presidente:

La fava ecco, facciamoci capire,

se la riverghi in culo, mondo cane.

 

Parte civile:

Allora lei mi lasci proseguire

se non vuol che dica cose starne:

io qui non mi trovo per casaccio,

né sono venuto a fare il bischeraccio.

Io insisto nel volervi dimostrare

quale influenza possa avere l'ambiente

su giudici ...........

 

Presidente:

 

Non può continuare.

 

Parte civile:

 

Mi lasci proseguire Presidente.

Presidente:

 

Avvocato, fa troppe disgressioni.

Parte civile:

E lei mi rompe un po' troppo i coglioni.

Dunque, dicevo, dentro questo ambiente

dove regnar dovrebbe castità,

c'è puzzo di brodo e baccalà,

giacché ne dica il dotto Presidente,

per cui, data quest'aria che ci spira,

par d'essere in un casin da mezza lira.

Fatta questa mia fine descrizione

entro tosto nel culo al mio cliente

facendo questa mia interrogazione:

è stretto? E' largo?

 

Presidente:

............. mondo e poi serpente

questa è di nuovo conio, l'avvocato

va già nel culo al suo raccomandato.

 

Parte civile:

Senta, se mi fa un'altra osservazione,

smetto immediatamente di parlare;

che ci sto a fare qui, forse il coglione?

oppure la giustizia a illuminare?

 

Presidente:

Allora non divaghi ogni momento.

 

Parte civile:

Sono nel culo e quindi in argomento.

Orbene, il mio discorso proseguendo,

dirò che il mio cliente disgraziato

ha tutto il tafanaro rovinato,

riducendo a quel povero figliolo

come suol dirsi: il cul come un paiolo.

 

Questo è un fatto ormai tradizionale,

il turpe prete ha grossa la cappella,

talché costui, signori del tribunale,

parecchi culi trasformò in padella

e tra questi delitti v'è l'orrendo

consumato sul bimbo che difendo.

 

Tra le natiche pure e rotondette

di questi, penetrando con furore,

il cazzo di quel prete fa un bel sette

che la fava sfiorogli pure il cuore,

talché sol nel vederlo ognuno dice:

"Che c'è passata una perforatrice ?"

 

Per cui, o miei signori della legge,

dal deretano del cliente mio

escono sì spaventevoli scurregge

da sembrare il castigo del Buon Dio;

ed affermò dianzi la cugina

che quando caca ottura la latrina.

 

Ma c'è di più, illustrissimi signori:

trovandosi ier l'altro il mio cliente

con altri suoi compagni a cacar fuori

fece uno stronzolon così imponente

che per l'altezza sua sarebbe stato

certamente idoneo al soldato.

 

E' natural: la piccola canaglia

piantò subito su quel colonnino

non già il tradizional fuscel di paglia,

con in cima sventolante in fogliolino,

ma addirittura un lungo e bel bastone

con in cima il giornale La Nazione.

 

Un'altra volta, essendosi purgato,

fece nella latrina della scuola

un tal fetore così prolungato ....

 

Presidente:

 

Le tolgo immantinente la parola:

scusi lei parla a dei magistrati

o a cinque bottinai patentati?

 

Parte civile:

Allor la vecchia nonna del bambino

è ricorsa ad un bellissimo espediente

quando lui sente roba all'intestino

che vuole uscir precipitatamente

a letto te lo corica bocconi

e va a chiamare gli uomini del Cioni.

 

Arrivan questi con la ferrea botte

applicano al cul del bimbo un gran canale

poi girano il manubrio e ....... buona notte

liquido e com'è naturale

viene vuotato il povero piccino

come se fosse un semplice bottino.

 

Perché, io mi domando, quella iena,

invece d'inculare un ragazzino,

non andò in culo all'ottima Milena

che ha il cul largo al pari di un catino?

perché non andò dalla Miranda

che potta e culo ha come una veranda?


>

Perché quel prete lurido e cretino,

se voleva provare sensazioni,

non si recò in qualche bel casino

a farsi leccheggiar fava e coglioni?

Là, il fuoco lussurioso ed asinino,

sfogar egli potea con un pompino.

 

Recarsi egli potea da gentil donna

dalle chiappette turgide e pastose

e lì per lì, Santissima Madonna,

potea sbizzarrirsi in mille pose,

a potta indietro oppur bucopunzone

che è certo la miglior posizione.

 

Non basta; se volea farsi leccare

palla punta dei piè fino ai capelli

dovevasi in un postribolo recare

in cerca di espertissimi budelli.

Voleva coscia lunga e fica sana?

Bastava andasse giù dalla Liliana.

 

Avvocato difensore:

Ecco, se lei permette o mio avvocato,

vorrei farle una seria osservazione;

lei qui difende il suo raccomandato,

o da di ruffianesimo lezione?

Sento che porge un sacco di indirizzi,

manca solo che'l cazzo ella ci rizzi.

 

Parte civile:

Per questo, eccellentissimo collega,

c'è la sua distintissima signora

la qual mi fece assai più d'una sega;

anzi le posso dir che lo lavora

con una grazia sua del tutto nuova,

come se avesse in mano un frullauova.

 

Ma ritornando all'empio delinquente,

provare egli volle un buco stretto

ed afferrando un povero innocente

disse: vieni, all'occhiel un fior ti metto;

ed il fior, son d'un teste le parole,

la superficie avea d'un girasole.

 

E notate, illustrissimi signori,

anziché la retorica figura

essere esagerata nei colori,

è resa anche più tenue addirittura

perché infatti risulta dall'inchiesta

che la fava del prete ha gorgia e testa.

 

L'egregio difensor muove le spalle?

In segno di diniego e non ci crede?

Si faccia un po' sfiorare con le palle

il suo rotondo culo e poi se vede.

 

Avvocato difensore:

O, se lo faccia accarezzar un po' lei.

Io le vado nel culo e porto sei.

 

Presidente:

Ma signori, porchissima miseria,

a seguitar così proprio davvero

si va a finire in una cosa seria;

qui lo sapete, non c'è ormai che Piero

che vada in culo, fuor di qui, miei cari,

si rinculino pure e tutti pari.

 

Parte civile:

Com'io dicevo, una scrupolosa

inchiesta fatta su ciascuna ganza

dell'imputato, stabilì una cosa,

a tutte l'allargò come una stanza;

del culo e della loro grande fica

fece cosa che è meglio non si dica.

 

Dopo aver, miei signori del Tribunale,

dimostrata la brutta infermità

che un cazzo immane e soprannaturale

produsse al mio cliente, si vedrà

all'accusato, animalesco prete,

la pena che giusta applicherete.

 

Spero che la giustizia sia inclemente,

spero che il vecchio, irrisorio motto

applicar non si possa al mio cliente:

"Restar senza quattrini e a culo rotto",

ma l'altro motto ritirare in ballo

che dice: "Fuor dal mio culo è fallo".

 

Ma son certo che pronuncerete

una sentenza qual ci vuol severa

altrimenti vuol dire che obbligherete

a portar le mutande di lamiera

perché non vò, trovandomi a girare,

sentirmelo nel culo rivergare.

 

Presidente:

Sentiti, dunque, i pochi testimoni

dell'orrendo delitto consumato

da un prete che va in cul fino ai coglioni

ad un ragazzo saggio e costumato;

uditi i lagni della parte lesa

io lascio la parola alla difesa.

 

 

ARRINGA DELLA DIFESA

 

 

 

 

 

 

 

Avvocato difensore:

Aula solenne! Nel mirarti freme

di maestosa riverenza il petto;

incliti membri qui raccolti insieme

il vostro nobil venerando aspetto

tanta tema m'infonde e tal ribrezzo

che fin l'uccello mi rientra a mezzo.

 

Perché si veste di meschine spoglie

quanto di verità la lingua scioglie?

Ciò si deve al timor che in me raccoglie

il tema grave della mia questione,

tema che il dotto chiama sodomia

e il dialetto volgar culatteria.

 

E se di questa tendenza carnale

pronunciar non saprò retto giudizio,

sappia benignamente il Tribunale

che in materia di cul io sono novizio;

difatti fino a qui mi son difeso

e, grazie al ciel, nel cul non ce l'ho preso.

 

A te, devoto, mi rivolgo intanto,

celeste gerarchia dei culattieri

che siedi a destra del finocchio santo

a te, mio Sgricci, primo fra i primieri

per cui da un pezzo in qua gli angeli invano

giran pel ciel con l'uccello in mano.

 

A te Giove lascivo, del cosciale

e della sega protettor famoso,

nella campagna dell'amor carnale

tanto lascivo e tanto vigoroso

che nel partir da questa valle d'Eva

sbrodasti in mano al prete che t'ungeva.

 

Ne te tralasciamo insigne Catugliano

di papi almo nipote e di eminenze

che te ne stai a fianco del sovrano

regolandoti dietro alle eccellenze

e per provar i sensi tuoi guerrieri

lo scaraventi in culo ai granatieri.

 

A te Falorni insigne bacchettone

che, mescolando il cazzo alla morale,

rinculato ti sei con devozione

tutti gli abati della Cattedrale

e, se ti regge il filo della schiena,

rinculi la diocesi di Siena.

 

E a te, dovizio mio, rivolgo preci

a te che il nostro principe diletto

tiene in riva dell'Arno a far le veci

di un re finocchio imbastardito a letto

a te, che in vece sua, ti sei fottute

tutte le donne delle sue tenute.

 

E voi pure qui commosso imploro

geni d'Arcadia, fottenti e fottuti,

anacreonti dall'uccel d'oro

per l'armi, il culo e le virtù cresciuti

che sfacciati svelasti con vigore

le rosse fave dall'altrui candore.

 

Era già l'ora che volge al desio

e ai culattieri intenerisce il cuore

al soave pensier di un cazzo pio

che tolga alla lor voglia un po' d'ardore;

l'ora in cui l'uomo per segrete ubbìe

commette volentier le porcherie.

 

All'ombra d'amenissimo boschetto

prete Sculacciabuchi di S. Rocco

stava sdraiato con un giovanetto

a lui si caro perché suo balocco

e tra l'indice ed il medio dolcemente

il ganascino gli stringea sovente.

 

Non vi dirò con vividi colori

la soave beltà di quell'Adone

per tema di eccitarvi miei signori,

quando non sia già tardi, l'erezione

e in cotal dubbio, non del tutto strano,

mi porto al culo la sinistra mano.

 

Per farla corta vi dirò soltanto

che quella birba inculerebbe un morto

se a caso lui se lo trovasse accanto;

Lazzaro non appena fu risorto

rinculato lo avrebbe addirittura

bucopunzone nella sepoltura.

 

Lo stesso Abramo, in barba alla lezione

dei suoi nepoti a lui così fatali,

se comparir vedesse da Plutone

un pezzetto di culo a questo uguale,

si giocherebbe, con la stessa sorte,

l'Eden con le stime vive o morte.

 

Per tornare quindi sull'accusa in atto,

pare che questo prete, in conclusione,

dalle parole advenisse ai fatti

e con l'uccello fuori dal calzone,

cominciasse a saltare a manca e a dritta

come giovane somara a coda ritta.

 

L'accusa qui tralascia e qui ripete

i versi, i baci, le carezze impure;

dice tra l'altro che l'avido prete

strofinando l'uccello alle crespure

del tenero garzone, l'appellava:

"Coccolo della mia paterna fava".

 

E che al fin, Dio mio, rotto ogni freno,

qual d'api in alvear maligno vespe,

ardisse dilatargli in un baleno

le tenerelle trentacinque crespe

versando in culo al giovanetto vago

non brando, ma gomotoli di spago.

 

E' quello l'episodio, tale e quale,

che qui l'accusa chiama sodomia,

episodio innocente e naturale,

che a raccontarlo in una frateria

c'è da trovarsi, come i cani all'osso,

i frati tutti col priore, addosso.

 

Lasciando andar la Chiesa dei dottori,

con il buon senso alla mano ela ragione,

in primis io domando a lor signori

se è sodomia la cronaca in questione,

ammettendo pur anche il postulato

che il metterlo nel culo sia peccato.

 

Dieci dita di muscolo virile,

sezionato dal visto di un priore,

fanno in ogni società civile

un nodo indissolubile d'amore,

anche se il libro della Creazione

di questo visto non ci fa menzione.

 

Ora, se due persone, gentilmente

s'incontrano a passeggio per la via

e fra un discorso e l'altro incontinente

fanno, dirò così, la porcheria

com'è che c'entri l'arbitrio del fisco

questo, signori miei, non lo capisco.

 

Non si dirà che nel caso presente

non si tratti di cepila usuale,

celebrata fra sesso differente,

bensì di confusione sessuale

ossia di nozze all'uso pecorino

fra cittadino maschio e cittadino.

 

Ma neppure di questa congiuntura

il Creatore se n'è mai occupato;

io vi sfido a trovare nella scrittura

il passo ove il culo sia citato:

sarà per pudicizia, ma per me

c'è una ragione logica e cioè:

 

che il cazzo non ha occhi, già si sa

quindi non c'è ragione sufficiente

per farne un caso di moralità;

se il cieco sbaglia un uscio in un ambiente,

per ascriverlo a colpa bisognava,

ch'avesse, Dio mio, un occhio anche la fava.

 

E molto più del sesso femminino,

dove questi due buchi spalancati

sono l'un l'altro talmente vicino

che chi sa quanti mai si son sbagliati

e quanti i mariti, in capo all'anno,

vanno in culo alla moglie e non lo sanno.

 

Valga l'esempio di David il Santo

che, fornicando all'uso pecorino

glielo recapitò nel buco accanto

e se ne avvide soltanto al mattino,

quando, nel far la solita abluzione,

trovò sul cazzo un seme di popone.

 

Ma cresce assai di più la meraviglia

ripensando alla carica meschina

che il culo ricopre anche in famiglia,

dove gli han dedicato la latrina,

mentre la scienza, pur nei sui misteri,

gli consacrò la canna dei clisteri.

 

In conclusione questo battisterio

non avvenne per mala volontà

prima però di emettere un criterio,

esaminiamo con serenità

le prove e i documenti di ragione

dall'accusa portati in discussione.

 

Dice una testimone non sospetta

di aver visto a quell'ora l'imputato

a pancia all'aria sulla molle erbetta

col cazzo dalle brache spenzolato

di cui la testa, sono le sue parole,

la superficie avea d'un girasole.

 

L'accusa alza le voci ai quattro venti

e fa di questa teste il suo timone;

ma siamo giusti o giudici sapienti,

cosa prova questa testimone?

Per me, se si vuol essere imparziali,

prova due cose sole, ed ecco quali:

 

Che il mio cliente, Dio lo benedica,

possiede un cazzo da museo romano;

che in quella sera di pace nemica

se lo teneva a frescheggiare un mano,

refrigerio, per legge, competente

ad ogni cittadino indipendente.

 

Piuttosto qui ne tocca la morale;

io son d'avviso che la donnicciola,

fedele anch'essa a quel senso fatale,

visto colà, sul quella verde aiuola,

quell'enorme e bel cazzo asinino,

si tirasse lì tosto un ditalino.

 

Un altro testimone su enunciato

racconta di aver visto due compari

l'uno sopra l'altro accavallato

precisamente come due somari,

ma non sa dir, per l'altro, il sempliciotto

chi fosse stato sopra e chi di sotto.

 

Nel dubbio qual dei due fosse l'attore,

potrebbe il mio cliente, e con ragione,

prendere il posto dell'accusatore,

tantopiù, che sia detto in confessione,

un perito dell'arte gli ha trovata

la madrevite del culo tutta spianata.

 

Un terzo testimone, un giovinetto
che si dà l'arie da candalizzato,
racconta che assando da un boschetto
udì un certo respiro affaticato
uscir di mezzo a uelle fresche fronde
come di gente titica che ponde.

 

Questo propone l'accusa fiscale,

come prova di un atto sì funesto.

Ma qui faccio notare al Tribunale

che chi riceve un cazzo come questo

nelle tenere parti deretane

non ponde, ma guaisce come un cane.

 

Quanto sia l'orifizio delicato

dica lei Presidente, per piacere,

raccontando quel caso disgraziato,

allorquando, mettendosi a sedere,

inciampò, Dio ci guardi, in un fuscello

e dica quale spasimo fu quello.

 

Questa la prova dell'accusa, questi,

del supposto reato, i documenti

che a voi pertanto, magistrati onesti,

spetta di giudicar se sufficienti.

Ma prima di risolver l'argomento

di ascoltarmi, vi prego, anche un momento.

 

Sia per effetto di gravitazione,
sia per certa ibidine impudica,
sta di fatto chel'uomo ha inclinazione
a mettere il suocazzo nella fica;
divertimento il uale, a dir fra noi,
costa un fottìo dal atrimonio in poi.

 

Ma dato che l'uscita di famiglia

supera l'entrata quotidiana,

l'uomo che spesso economia consiglia,

passò da mezzogiorno a tramontana;

e fatto un giro, con lo stesso metro,

invece dal davanti andò di dietro.

 

D'altronde, per le fave smisurate

come quelle di Golia e Gedeone,

le pertinenze delle donne amate

avevan preso tale sproporzione

che per riguardo alle dame d'Israele

tutti se lo mettevan tra le mele.

 

Dillo, Rebecca, di che fava armato

fosse il tuo Isacco, allorché la prima sera

ti mozzò, solo nell'imboccarla, il fiato;

fava che quando la metteva intera,

con una curva che non si descrive,

capolin ti facea tra le gengive.

 

Taccio la verga do Mosè che, oh Dio,

mosse il singhiozzo a chi la vide ritta;

ne Giona il ghiotto rammentar vogl'io

che, a quanto afferma la leggenda scritta,

mandò all'altro mondo una balena

a forza di cazzate sulla schiena.

 

Nei libri del fatidico Daniele

si legge di quel celebre Langino

segretario dei templi d'Israele

che, avvolto nella fava uno stoppino,

comodissimamente da sedere

accendeva col cazzo le lumiere.

 

E chi non sa tra noi che certa gente

invece di segnar le cose sue

nel taccuiono per tenerle a mente,

si faceva col cazzo un nodo o due

a quella guisa che la donnicciola

con la cocca faria della pezzola?

 

Si legge di Golia che assediato

si mettesse a pisciare incautamente

dai merlo di un bastion fortificato,

ma se ne avvide la nemica gente

che s'assentò sul cazzo, e con destrezza

salì di sopra e prese la fortezza.

 

Assuero un così lungo membro avea

che a pisciare dal tetto era obbligato,

e per di sotto i suoi servi in livrea

con pali lo tenevan fermato

talché quel cazzo, visto alla lontana,

un condotto parea d'acqua piovana.

 

A questo punto di masculazione

aggiungi il pizzicar fuor di misura

che le nipoti del pio Salomone

avevan nelle parti di natura

sicché, a quanto dicono gli scrittori,

non permettevan di tiralo fuori.

 

Agar infatti, ancor che il mondo taccia,

invasa da una ria febbre uterina

girò ululando per il deserto in traccia

di una perpetua fava adamantina;

e solo dopo averne fatte trenta:

"Stanca son io disse, ma non contenta".

 

Ruth, che andava per far acqua al pozzo,
trovatovi per aso un giovanotto,
lo fece rimaner ol fiato mozzo
perché ne volle are quarantotto;
e mentre a lei resceva l'appetito
quello era bell'e orto intisichito.

 

Ester, e questa non è vil fandonia,
dimostrò nel hiavar tal resistenza
che distrusse 'Imper di Babilonia
avendo midollato con coscienza
- con la fica, la bocca, e con la mano -
tutto quanto 'esercito persiano.

 

Certamente il calor di quelle dame

produceva lo scolo a segno tale

che il sindaco dell'inclito reame,

per prevenire così un più grande male,

alle potte più sane, per controllo,

appiccicava sopra un francobollo.

 

Un pò per questo, e un pò perché le potte
a forza di hiavate colossali
sembravan ivenute delle grotte,
e le fave, pur rosse come pali,
ci sguazzavano ome in un pantano,
il preferito allor ivenne l'ano.

 

Superfluo è raccontar che gli Spartani

lo pigliavan nel cul senza dir "Ohi",

con calma e con calori sovraumani,

e infatti spartano, anche a noi,

significa l'eroe che in varia forma

lo riceve nel culo e par che dorma.

 

Da ciò, dei Sodomiti la gran corte,
o amore tra pecie mascolina
detta per oprannome sesso forte,
e Sodoma, del ulo la regina,
dove il furor così li uomini invade
che si montano ddosso per le strade.

 

Vitellio, successore di Nerone,

a guazzo lo tenea nell'intestino

come si fa coi capperi in fusione;

ce lo mise una volta in sul mattino

e lo levò alla fin della giornata

che parea un'anguilla marinata.

 

Là nella Grecia, madre di sapienza,

e patria pur d'insigni bucaioli,

ad Atena questa sozza tendenza

predominava tra i sapienti soli

che libri e manoscritti ci han lasciati

per provare che furono inculati.

 

Ne basta; quei filosofi eruditi

studiano e vanno in culo al tempo stesso

e mentre ruminavano quesiti

tenevano in giovinetto genuflesso

giù tra le cosce sotto il tavolino

come s'usa far da noi con lo scaldino.

 

Presso i romani poi la sodomia

varia secondo i gusti e le persone

c'è chi lo mette per economia,

c'è chi lo prende per dilatazione;

fatto stà che i Quiriti belli o brutti

l'arte del cul la conoscevan tutti.

 

Al tempo del famoso Cincinnato

quando la vera civiltà fioriva

il prenderlo nel cul era indicato

come cura, direi rinfrescativa,

tal quale ai nostri dì dei Fiorentini

recarsi all'acqua di Montecatini.

 

Mario, che dappertutto mescolava

la disciplina alla virtù guerriera,

applicò la ginnastica alla fava

e trovato un finocchio fromboliere

un premio istituì di propria borsa

a chi lo rinculava di rincorsa.

 

Silla fu più di Mario scoglionato;

difatti giunto a Roma vincitore

in segno del potere conquistato

salì in palazzo e rinculò il pretore

e poi dal cancellier Quinto Macuzio

si fece apporre il visto sul prepuzio.

 

Il figlio di Agrippina, assai più fiero,

fece del culo scempio singolare

e poi che rinculato ebbe l'impero,

non sapendo più chi rinculare,

fattosi fare in terra un buco tondo

fantasticò di rinculare il mondo.

 

Cesare taccio, poiché tutti sanno
che nel culo ci ndava e lo pigliava;
e Pompeo, che ci ise più d'un anno
a provar dei suoi iliti la fava;
e sembra che nche il fulgido Ottaviano
avesse un po' panato il deretano.

Ricordo appena il sommo Cicerone
che in culo lo igliava alla mattina,
ma dopo pranzo, er la digestione,
lo rivogava in ulo a Catilina;
la storia afferma oi che Plinio il dotto
avea di certo lo fintere rotto.

 

E' noto che, bramando il deretano
più d'ogni cosa, vanti di morire
abdicasse il ivino Diocleziano
e un palazzo acesse costruire;
laddove, messi i ervi a buco punzoni,
andava loro in ul fino ai coglioni.

 

Quando sali al potere, Costantino
proibì di duellare i gladiatori,
che invece, attorno a un tondo tavolino
correvan con il ulo e il cazzo fuori;
sicuramente il otto n'è venuto
che dice: "Chi si ferma è già perduto".

 

Verso il seicento il culo della gente

era un diritto della signoria;

infatti don Rodrigo, il prepotente,

nella restituzione di Lucia

volle per patto primo e vigoroso

d'infilarlo nel culo dello sposo.

 

Isabella di Spagna, il cui marito
da tempo era ontano contro i mori,
dopo aver rovato se col dito
potesse un po' almare i suoi calori,
infine non trovò osa migliore
che farsi rincular al confessore.

Dante non taccio, illustre letterato,
che a mezzo del ammino di sua vita
si ritrovò con 'ano rovinato
senza sapere ome fosse ita;
perciò, per onsolarsi, l'infelice,
lo rivogò nel ulo a Beatrice.

 

Cristoforo Colombo, il genovese
illustre amante ella sodomia,
era andato nel cul a più riprese,
perfino ai Dogi ella Signoria;
e par che ntraprendesse i suoi viaggi
per poter inculare anche i selvaggi.

Il Borgia, detto Duca Valentino,
culattiere di fama azionale,
ridusse l'ano al ari di un catino
ai membri della ran corte papale;
e ritenendo fosse na facezia
lo rifilò nel culo nche a Lucrezia.

 

Dopo, sotto il sistema livellario,
l'affitto fu pagato nche in natura;
per modo che se un dì l'affittuario
o l'inquilina, per disavventura
alla scadenza on avea denari,
lo pigliava nel ulo e tutti pari.

E dato il caso di ontestazione
fra il canone agato e non pagato,
il debitore della restazione
per dare prova el suo vero stato
era costretto, nche d'inverno crudo
a mostrar la quietanza a culo gnudo

 

 

Ma troppo ho detto di storia profana;

passo in rassegna alle galanterie

della Chiesa Cattolico Romana,

che in materia di certe porcherie

ha avuto degli insigni culattini

assai più raffinati dei latini.

 

Circondata da questa quinta essenza

di porci bucaioli per mestiere,

la Chiesa, per amor di convivenza,

di sovente finge di non vedere

e per mostrarvi s'io abbia ragione

vi citerò gli esempi e le persone.

 

Per le celebrità tradizionali

cito il domestico fra Pirlone

da Dio provvisto di fluidi tali

che per ogni devota processione

cavar solea dall'uretra infuocata

di liquido ben fresco una manciata.

 

Taccio il padre Conforti, il più potente
dei figli del Beato Segantini.
Costui, nel inculare uno studente
gli sconquassò almente gli intestini
che a mettergli una pipa col cannello
il fumo gli sortiva dal cervello.

 

Nel manuale di meditazione

di un certo reverendo padre Gosto,

si racconta di un frate buggerone

che sotto la canicola d'agosto,

percosso da libidine culina,

lo schiaffasse in culo a una gallina.

 

Giorni dopo, al cuoco fra Bastiano,

mentre stava per fare una frittata,

casualmente gli capitò in mano

l'uovo della gallina rinculata,

lo schiaccia ed esce fuori, indovinate,

un tuorlo mezzo gallo e mezzo frate.

 

Vi lascio immaginare il fracassìo

dei teologi tutti e dei casisti;

chi lo disse un miracolo di Dio;

che del diavolo ed accese il lumen Christi;

ma il provinciale che non era rapa,

messo l'uovo nel piatto, andò dal Papa.

 

Lassù dove le teste son quadrate

si rise della povera gallina

e al tempo stesso si condannò il frate

a non mangiar più carne pollina

e questo per escludere il periglio

che qualche volta si mangiasse il figlio.

 

Stava in un antichissimo convento

un cancello di ferro all'entratura;

il guardian, persona di talento,

senza violazion di clausura

ritto tra gl'interstizi del cancello

lo schiaffava nel culo a questo e a quello.

 

L'aneddoto fu in curia riportato

e tosto quei dottissimi signori

visto l'atto ingegnoso consumato

con la persona dentro e il cazzo fuori

viste le cose e ben considerate

condannarono il cazzo e non il frate.

 

Un certo fra Macario Bernabita

ricco di membro e pieno di talenti

aveva l'abitudine incallita

d'inculare le proprie penitenti

forse perché quel ceto di persone

lo ricevevano con santa devozione.

 

Impensierito, il vescovo locale,

per l'intestini di quelle devote,

riferì questa cosa la tribunale,

ma il presidente delle sacre rote

appoggiandosi al detto di Lucano:

"Licite marito titillare in ano".

 

Decise che i santi dottrinali

permetton, senza tema dell'inferno,

di frenarlo nei sacchi emorroidali;

e un prete, ch'è ministro dell'interno,

potrà, senza mai nuocere al pudore,

passar nel culo per entrar nel cuore.

 

E' noto che perfin le monachine
sebben fin da novizie abituate
a far scambievolmente da lecchine,
a prenderlo nel cul sono addestrate;
e devote si fanno sfruconare
la fine del canale alimentare.

Son tali condizion d'obbligo rese
da che Suor Chiara, nata a Mercatale,
diverse volte nella fica prese
il ben tornito bischero papale;
e la meschina si sentìa morire,
ché il mestruo non voleva comparire.

La poveretta allor, fra tali angosce,
di prenderlo nel cul fioretto rese,
né mai più nel futuro fra le cosce;
e poco dopo le tornò il marchese.
Da allor la locuzione non è rara
che suona: "Laus Deo", disse Suor Chiara.

Si narra che un bel giorno Suor Giuditta
precipitava giù dal quinto piano
pel desiderio della fava dritta,
che un frate, nel pisciar, teneva in mano;
ma quel cazzo, nel culo penetrato,
le impedì di schiacciarsi sul selciato.

Poiché pareva che gli stesse a cuore
di serbare per sé quell'orifizio,
essendo lì presente, il Superiore
riferì la faccenda al Sant'Uffizio,
il qual, con l'jus canonico alla mano,
che a dovizia contempla il deretano.

Rimase in forse; ché, sebben sia scritto
che cul di suora oppur di novizia
spetta al Padre Priore di diritto,
ancor resta indecisa la Giustizia
se il frate lo si debba castigare,
oppure lo si debba ringraziare.

A dare impulso alla culetteria,
da tempo più gradita al Concistoro
che sempre fu nemico della fia,
venne l'errata idea di Fracastoro
che dalla potta derivasse solo
la peste, la sifilide e lo scolo.

Ma quei poveri culi strapazzati
da tanti amanti della sodomia,
dimostrarono presto a preti e frati
d'esser vettori della malattia;
ed è così che più d'un Cardinale
ha usato la pomata mercuriale.

Di recente, Don Canzio da Lambrate
di tre bimbe le fiche verginelle
ridusse sì profonde e sì slabbrate
e larghe, che sembravano padelle;
ma per castigo al suo furor bestiale
fu chiuso in manicomio criminale.

La Chiesa, che considera la fica
del demonio sacrilega invenzione,
scomunicata, impura ed impudica,
gli dette la severa punizione;
se invece avesse in culo fornicato,
a quest'ora sarebbe porporato.

Ma farei notte se mostrar volessi

che la Chiesa romana militante

in materia di culi in ambo i sessi

fu sempre e si mantiene tollerante;

e per tema di rendermi sgradito

anche questo racconto, ed ho finito.

 

Padre Oliva, maestro di latino,

inculava a distanza un bel novizio,

fresco come una rosa di giardino,

e a tal gl'aveva ridotto l'orifizio

che poteva ingoiar senza sconcerti

ombrelli chiusi e ricacarli aperti.

 

Ma dai picchia e mena il disgraziato
rese l'anima a Dio con gran dolore,
e fattagli sezione fu trovato
tutta una galleria dal culo al cuore:
tanto che nelle estreme sue preghiere
la voce gli sortìa dallo sfintere.

Nessuno mosse querela al padre esoso;

anzi quella carcassa intestinale,

come oggetto storico prezioso,

venne esposto al museo del Quirinale

e in appresso il pontefice Gregorio

ne fece un colapranzi in refettorio.

 

Ma, per Dio, valgon logica e dottrina

la scienza, l'uso pubblico e privato ?

Ammessa anche l'ipotesi cretina

che a metterlo in culo sia reato;

dato per il momento e non concesso

che il mio cliente gli ce l'abbia messo,

 

da quando in qua, signori, un giovanetto
che il culo sano conservar si vuole,
si reca con un prete in un boschetto
e si china a raccoglier le viole?
Con un prete, la cui fava asinesca
schiacciar poteva un nocciolo di pesca ?

Voi stessi, incliti membri, che fareste

dato vi capitassero davanti

due natiche assassine come queste

di greca soavità tutte spiranti ?

Di cui la superficie alma e pastosa

vince il velluto della mela rosa ?

 

Se giudicar degg'io dall'apparenza,
a ognun di voi, nel rubicondo aspetto,
leggonsi i segni d'una ria tendenza;
lo stesso Presidente, ci scommetto,
con quella faccia pura da beato,
lo metterebbe in culo all'accusato.

E qui, Signori, dubitar non posso
che nell'udir questo vago avvenimento,
il Tribunale non si sia commosso.
Giuro ch'alcun di voi, più violento
tacitamente con la man si sfoga
sotto l'usbergo dell'augusta toga.

E non si creda questo mio pensiero
sia frutto di mancanza di pudore;
difatti scorgo il Regio Ministero
variar di tanto in tanto di colore,
e se dai movimenti ben comprendo,
o se l'è fatta o se la sta facendo.

Quindi, Signori miei, sereno attendo
l'assoluzione del mio raccomandato;
né gli argomenti non vi farian difetto,
specie rammentando quel dettato
che il culo è fatto per la gente dotta
e pei villan fottuti c'è la potta .

 

Presidente:

I giudici hanno inteso il difensore

in dolci accenti superar se stesso,

tanto che ho nella fava un pizzicore.

Sarei quindi per chiudere il processo

se, data l'importanza dell'affare,

l'accusa non volesse replicare.

 

 

Pubblico ministero:

Chiedo venia all'illustre Presidente

se questa volta anch'io sarò costretto

a replicar non troppo brevemente

su tutto quanto la difesa ha detto.

Non son uso a sprecar tante parole

nemmen per cazzi come girasole,

 

ma adesso son sul vivo stuzzicato

con insinuazioni tendenziose

come se l'è permesso l'avvocato;

e le chiappe diventan mele rose,

il foro anale tenero bocciolo

e per giunta mi da del segaiolo,

 

allora anch'io, per quell'alta morale
per l'abito, per Dio, che mi riveste,
io pure farò noto al Tribunale
che forse per scusarsi dalla peste
attaccategliela al culo dal priore,
la difesa parlò con tanto calore.

 

Un dotto specialista, ottimo amico,

mi disse che il chiarissimo collega

con quella faccia lì da beccafico,

fece con cul al parroco una sega

e certe crespe gli ci son cresciute

come nessun sin'ora aveva avute.

 

 

Avvocato difensore:

Basta, sangue di Dio, è una schifezza

di cui domando conto al Tribunale.

 

 

Presidente:

Lasci stare avvocato, è una sciocchezza

che non sarà annotata nel verbale.

 

 

Avvocato difensore:

Vado in culo al verbale e a chi lo fa,

ora mi calo giù i calzoni e si vedrà.

 

 

Pubblico ministero:

La dispenso ad usare questo mezzo,

ho il naso delicato e non vorrei .....

 

 

 

 

 

Avvocato difensore:

La potta di sua moglie sa di lezzo

e il giudice lo sa meglio di lei,

che da circa diec'anni se la chiava,

pubblico minister della mia fava.

 

 

Pubblico ministero:

Del culo prego, della fava no !

Perché per dire la pura verità

del culo suo sempre qualcuno parlò,

ma se abbai una fava non si sa.

Si calmi dunque e lasci fare a me,

che quanto al resto verrà da sé.

 

 

Avvocato difensore:

 

ma io chiedo all'illustre Presidente ......

 

Presidente:

Ma si finisca questo schiamazzare;

lei si metta a sedere immantinente,

mentre l'accusa seguiti a parlare;

se poi lo crede metta il culo fuori

e lo faccia vedere a quei signori.

 

 

Pubblico ministero:

Messa in chiaro la duplice questione

per cui l'elegantissimo oratore

parlò con si profonda cognizione

di quel cazzo che sembra un girasole

è inutile avvertir ch'abbiamo udito

la moglie che difende suo marito.

 

Nonostante ciò non vo' essere restio

a discutere qui la conlusione,

del culo me ne intendo un poco anch'io,

sebbene per opposta operazione,

e quando il verso capita bisogna

non farsi chiudere da vergogna.

 

Dirò dunque, lasciando in santa pace
la fava di Noé, di Gedeone,
di Sparabuchi, del famoso Aiace
ed il bischero culonedi Sansone,
il culo immane delle antiche Dee
e le cloache delle donne ebree,

che questa storia non è documentata,
e con le porcherie della Scrittura
tante volte a sproposito citata
dal difensor di quell'empia creatura:
c'è in questo scorazzar per l'intestino
un che di esagerato e non pochino.

 

Io so che il mondo è sempre vivo, e pare,
secondo le statistichedell'anno,
che non accenni punto a declinare;
ed anche in Francia, dove c'è il malanno
della donna pestosa e sifilitica,
la fica passa avanti alla politica.

 

Una cosa è certa, o miei signori,

metterlo nella fica è naturale

e metterlo ben dentro e non di fuori

è sempre stato un uso universale

e i nostri figli, checché se ne dica,

non escono dal cul ma dalla fica.

 

Se, come diceva l'avvocato,
l'umanità dal tempo degli Egizi
avesse in culo al prossimo sbrodato
poco curando i vicini orifizi,
trovar non si potea, da chi sa quanto,
quei bischeri che a lui piacciono tanto.

 

Nemmen voglio discutere se un frate
in culo possa andare a una gallina;
padroni siete pur, se lo bramate,
di chiavarepolli da sera a mattina;
in questo caso al più posso pregare
che voi non m'invitiate a desinare.

 

Ridotta nelle giusta proporzione

la sodomia nei fasti del passato,

io non voglio cercar se fra' Pirlone

facesse o non facesse gran peccato,

ne se ne sia gran virtù, stando a sedere

accendere col cazzo le lumiere.

 

Né desidero poi fare confronti

colla storia alla mano e colla legge,

sebbene più di mille n'abbia pronti;

perché il culo è la via delle scurregge

e se qualcun ci gode e ci si caccia

tanti saluti a lui e buon prò gli faccia.

 

Fo' soltanto notare al Tribunaleche il fior fiore del popolo romano

andava in culo specie a carnevale

e ne dava l'esempio anche il sovrano;

tuttavia in certi luoghi inciviliti

simili passatempi erano proibiti.

 

Le leggi poi che attraversando i tempi
son giunte fino al codice penale,
non hanno, ch'io mi sappia, fatto esempi
da rendere benigno il Tribunale;
anzi, questo consesso illuminato,
condannerà di certo l'imputato.

 

Anzi se dobbiam creder a Platone,
che neppure chiavava al modo usato
beandosi d'un bacio e d'un segone
fatto alla barba dell'oggetto amato,
l'antica Grecia permetteva appena
di dar la fica dal lato della schiena.

 

Nel medio evo qualche tirannello
osò di rincular delle puttane,
e qualcuno infilò il livido uccello
nel culo bianco delle sue villane;
ma bisognava che non si sapesse
che talierano cose non ammesse.

 

Ora poi non saprei con qual diritto
un prete mi dovrebbe rinculare;
dato pure ch' avesse il cazzo ritto
e che foss'io a farglielo rizzare,
si sfoghi pure a seghe ed a rosari,
ma lasci stare il culo ai nostri pari.

 

Capisco che ridotto a questi estremi
un prete senza culo è come dire
una barchetta priva dei suoi remi;
ma dico, e ne dovete convenire,
che chi ha la fava e i suoi pendagli
o non si faccia prete, o se la tagli.

 

Qui calza una parentesi: la fava,
che ha mandato l'uomo in perdizione,
se il Creatore la dimenticava
nei pochi giorni della creazione,
nessun l'avrebbe certo domandata
a costo di buttarsi alla leccata.

 

Gli stimoli del bischero son tanti
che in fondo poi bisogna compatire
se va di dietro chi non va davanti;
ma non si deve, né si può soffrire
che vada in culo un prete sbarazzino
con dieci donne intorno a dir pochino.

 

Coi coglioni che mostra l'accusato,
con l'uccello che tocca le ginocchia,
con il parlar suo dolce e melato
c'è da chiavarsi tutta la parrocchia.
Né si può concepire come un ragazzo,
rapisca a tanta fica un tale cazzo.

Concludendo tiriam le conseguenze
che il parroco in quei giorni era impestato,
e costretto perciò a lunghe astinenze
perché non conosceva l'avvocato,
che il culrompendo della parte lesa
abusò del prestigio della Chiesa.

 

 

 

 

 

Avvocato difesa:

 

Non posso tollerar più lungamente .....

 

 

 

Pubblico ministero:

Ed io son stanco di essere interrotto;

quando parlava lei non dissi niente

e colpa non ne ho se ha il culo rotto.

 

 

Presidente:

La finisca, per Dio, brutto maiale

o la faccio buttar giù dalle scale.

 

 

Pubblico ministero:

La parentesi è chiusa, e giungo al fine

attraverso un discorso irto di cazzi,

di culi, di chiavate adulterine

e di sbrodate lunghe come razzi,

a ribatter gli stral, se ben comprendo,

che la difesa mi scagliò ridendo.

 

Disse dunque il simpatico collega

che non andare in culo è da villani;

non è vero, per Dio, manco una sega;

io tengo delle prove nelle mani,

prove sicure e molto concludenti,

con le quali darò due schiarimenti.

 

Due soli, benché mille ne abbia pronti,

per non tediare troppo il Tribunale;

prove che mostrano senza confronti

esser la fica d'uso universale

non solo agli ignoranti riservata

ma anche dai dotti ben gustata.

 

Il primo esempio è tra i poeti preso

e Dante è quel che ce lo può offrire,

che riguardo a Beatrice si vide arreso

soltanto quando videla morire,

e ne fece una dama angelicata

non potendo più farci una chiavata.

 

Altro poeta ch'altra prova porta

è quel Petrarca che cantò l'amore

di Laura bella e viva e dopo morta

pianse con grande pena e gran dolore

perché la morte gli rapì l'amata,

prima che la fica lei gl'avesse data.

 

Secondo esempio è poi fra i prosatori;

il Boccaccio che, nel Decamerone

racconta di chiavate e chiavatori,

ma non presenta un solo fra' Pirlone,

segno ch'anche per lui la rinculata

non reggeva il confronto alla chiavata.

 

Qui termino l'elenco dei sapienti

che a voler sarebbe ben maggiore

con cui si prova che le voglie ardenti

da lor provate furon per l'amore

fra uomo e donna; quindi son si dica

che cercavano il culo e non la fica.

 

 

Avvocato difesa:

Avverto solamente il magistrato

che il suo buco di culo è sempre pronto

alla prova di un bischero rizzato

qual non si vede mai nulla in confronto,

e mi conceda di chiedere il permesso

di domandare a lei di far lo stesso.

 

La fava ha il suo diritto, ed ha ragione,

d'andare in ogni buco che sia aperto

e tirando la somma, in conclusione,

il buco rassomiglia a un gran deserto

con il pascolo aperto al mondo intero

e ciò in onor del regio ministero.

 

Con ciò rivolgo i miei ringraziamenti

al Tribunale che fin'ora tediai

ed aspetto dai giudici sapienti

quella condanna che raccomandai

e quindi in tal persier che mi consola

mi seggo rinunciando alla parola.

 

 

Presidente:

Avendo l'accusa, e ancora la difesa

rinunziato a parlare ulteriormente,

e i testimoni escussi, siam d'intesa

che il dibattito cessi finalmente.

Se qualcosa d'aggiungere ha pensato,

in piedi s'alzi e parli l'imputato.

 

 

Imputato:

Nel corso del processo si è sentito

dirne sul conto mio di bianche e nere;

perciò del Presidente il caro invito

di parlare, raccolgo con piacere.

Acciocché la ragion sia ben intesa

ai giudici esporrei la mia difesa.

Son poche le parole che già in fretta

ho pensato allorquando il mio avvocato,

preso da quella foga benedetta

senza curarsi di riprender fiato,

sciorinò, più dell'avvocato Cassi,

coglionerie da far crepare i sassi.

Mi lasci dire, e veda se ho ragione;

e ciò glielo dimostro in due parole:

come le par che regga il paragone

della mia fava con un girasole?

Chi afferma all'udienza e lo sostiene

vuol dir che la conosce molto bene.

Di qui non s'esce, ed è questo un assioma

senza bisogno di dimostrazione;

se attribuisce al cazzo mio una chioma,

e non ritira questa osservazione,

il pubblico è convinto, ci scommetto,

che il suo buco del culo non sia stretto.

E passo quindi all'insinuazione

con tanto ardire in pubblico gettata

della quale farà ritrattazione,

se non, c'è la querela preparata,

che un perito dell'arte ha riscontrato

che c'ho il buco del culo rovinato.

E neppure vo' ribattere le accuse

che m'ha lanciato la parte civile.

Non ci son creste o scoli: sono scuse,

la fava è liscia liscia. è tutta bile:

perché richiesta un di gliela negai,

oggi mi trovo qui fra tanti guai.

Se dai culi le pompe hanno funzione

di toglier gli escrementi uso bottini

io non so nulla; e poi se la Nazione

sopra uno stronzo ha messo un ragazzino,

che colpa n'ho? Oualcuno in settimana

ci può schiaffar la cronaca Romana.

Il vescovo dovrebbe a mio parere

protestare con foga e con passione;

ma questa è bella; state un po' a vedere

che un pochino alla volta, Dio birbone,

quando nel mondo un culo hanno spaccato

danno la colpa al povero curato.

E questo è giusto? Certo il Tribunale

ch'è composto da gente di giudizio

saprà scoprire donde viene il male.

D'andare in cul, signori, non ho il vizio,

e se un dì questo mal mi si è attaccato

è stato a frequentare il mio avvocato.

Del perito? ce l'ha? Legalizzato?

Lo mostri, ed io mi cheto sul momento;

ma fino a che non me l'avrà mostrato

il Tribunale non sarà contento.

Io posso sostenere che nel sedere

non ci ho preso finora che un clistere.

Se una prova ne vuole il Tribunale,

che mi si porti un uovo non bazzotto:

io l'introduco dentro il foro anale,

e dopo anche il più grande sempliciotto

se ci vede potrà ben osservare

e le ventitré crespe mie constatare.

Non trentacinque, come erroneamente

osservò poco fa la mia difesa.

Ma basta, e che si tenga bene a mente

questa lezione che da me si è presa.

E pria di calunniare un uomo invano

sul cuore deve mettersi una mano.

Pensi che ha bazzicato già un priore

dalla fava, lui dice, animalesca;

pensi che c'è venuto a tutte l'ore;

dal fin qui detto, non le par che ne esca

il legittimo dubbio alle persone

che l'aiutai a far la digestione?

Neppur risponder voglio al ministero

che del mio cazzo sa le dimensioni.

Del neo sul cornicion non fo mistero,

ma mi sembra che tali affermazioni

possan far ritenere al popolino

ch'egli ci abbia discorso da vicino.

Mi si perdonin queste digressioni;

solamente ho voluto dimostrare

di avere il culo in buone condizioni;

e quanto al cazzo dalle forme rare

si devon figurare ch'ho un pipino

come potrebbe averlo un lor bambino.

Rancor non tengo per le sue parole

all'avvocato che mi ha mal difeso;

egli è padrone di dir quello che vuole:

nel culo non ce l'ho messo né ce l'ho preso;

e invocando giustizia e non clemenza

impassibile attendo la sentenza.

 

Presidente:

Terminati così magistralmente

i discorsi d'accusa e di difesa

destati più dal cul che dalla mente

in pro e in contro della parte lesa

il Tribunale non ha più da fare

che ritirarsi per deliberare.

 

 

 

S E N T E N Z A

 

Nel sacro nome di S. M. Sgricci

della potta, del culo e d'altri siti

           IMPERATOR

per grazie della fava sua imponente,

nota persino in estremo oriente,

protettore della sega e del cosciale

di Babilonia, il regio tribunale

la seguente sentenza ha pronunciato

contro Sculacciabuchi che è accusato

d'atti lascivi, oscuri e violenti

che finora non hanno precedenti,

commessi con astuzia viperina

su persona minore e mascolina

ritenendo che Adone culo stretto

e Don Sculacciabuchi di San Rocco

erano il quattro maggio in un boschetto

e s'andavano in culo sano e rotto

sospirando sovente tra le fronde

come gente stitica che ponde.

 

Considerando un tale testimone

che dice d'aver visto solamente

un uccello fuori dal calzone,

senza alcun indizio concludente;

ed un tale che vede e, sempliciotto,

non sa dire chi fosse sopra o sotto.

Atto per cui nel dubbio il Tribunale

non può applicare l'articolo sessanta

e trentasei del codice penale;

e neanche l'articolo novanta

che dice: " Cadrà in multa il cittadino

sorpreso dentro un culo mascolino".

Perché un fatto di giurisprudenza

ha seguito un contegno riassuntivo

e giammai noi si emise una sentenza

sia nel soggetto attivo che passivo

accusato d'aver per la via

dato incremento alla pederastia.

Sia per questo motivo condannato

a pagar le spese il querelante

e senz'altro prosciolto l'imputato

dall'accusa lasciva ed infamante

applicando così la legge Menga

che dice: "Chi l'ha 'n culo ce lo tenga".

 

 

 


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